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È un cambio prima di tutto estetico. Via gli occhiali, via la giacca, via qualche chilo di troppo, Paragone torna a indossare la camicia di jeans aperta sopra una maglietta, un po' di barba, un orecchino e pure la chitarra. Via i fiumi di inchiostro, meglio gli editoriali cantati in diretta con la sua band. Un misto tra Lenny Kravitz e Vittorio Sgarbi, da abilissimo osservatore della realtà italiana Paragone approfondisce il filone dell'antipolitica e della lotta alla casta. Scrive un libro contro gli abusi delle banche, si fa portavoce della rabbia dell'uomo della strada. E si fa notare dai 5 Stelle, che iniziano a invitarlo agli incontri coi dirigenti locali per parlare di economia e finanza. Diventa grillino? Non necessariamente, all'inizio. Ma ritrova nel Movimento «molti aspetti della prima Lega», partito che abbracciò proprio perché era «antipolitico». Paragone ospita più volte alla sua Gabbia Di Maio. Che gli esprime solidarietà una volta che il suo programma viene chiuso. L'investitura ufficiosa avviene a Rimini, quando viene scelto per presentare la kermesse di Italia 5 Stelle.
Si sa che il trasformismo è uno dei mali endemici della politica italiana. Ne è un fulgido esempio Gianluigi Paragone, il senatore appena espulso dal Movimento 5 stelle, perché come unico del suo gruppo aveva votato contro la finanziaria del governo. Il 47enne ha iniziato la sua carriera giornalistica nel giornale La prealpina, quotidiano di Varese, dove è nata la Lega Nord. Paragone - varesotto come Umberto Bossi - doveva seguire come giornalista le attività del fondatore della Lega. La simpatia reciproca l'ha portato in pochi mesi alla direzione del quotidiano leghista La Padania che si batteva per la secessione. Nell'ambiente di destra il giovane giornalista è riuscito ben presto a fare carriera, diventando vicedirettore di Vittorio Feltri al quotidiano Libero. Se ne accorge ben presto anche Silvio Berlusconi che gli apre la strada alla RAI, dove diventa vicedirettore di RAI 1, passando nel 2009 a RAI 2 con il talk show L'ultima parola. Dopo lunghi dissidi con la dirigenza RAI nel 2013 si trasferisce a La7 come conduttore del talkshow strillato La Gabbia, una trasmissione nella quale può sfogare la sua vena populista.
Se vorranno cacciarmi, lancerò loro il mio vaffa e aggiungerò anche il dito medio. Non gliela renderò facile, dovranno sudare". Come se il M5S non sudasse già. Ieri se ne sono andati altri due parlamentari. 33 sono nel mirino dei probiviri per mancata rendicontazione. Otto sono i candidati quasi sicuri di essere espulsi. Dalla lunga serie Come una forza di governo si autodistrugge.
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