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Ci sono poi donne che da incinte si sentono più tristi del normale… E per fortuna ci sono molte future mamme che col pancione sono serene come sempre e talvolta anche di più! Come si può quindi spiegare il malessere che colpisce numerose donne in dolce attesa? Effettivamente molte donne lamentano un umore depresso e pensieri ansiosi proprio nei mesi in cui sono incinta e sempre più studi clinici si stanno occupando del problema che pare avere effettivamente un'incidenza non irrilevante. Sintomi depressivi nel periodo della gravidanza si spiegano facilmente se pensiamo a tutto ciò che in questo periodo si mobilita e che riassumo brevemente: Si modifica il corpo della donna in modo non sempre bene accettato e gradito e si è nella straordinaria e non sempre facile condizione di "ospitare" e far crescere dentro di sé un'altra vita. Ci si trova a pensare ai cambiamenti a cui si andrà incontro sia sul piano dell'organizzazione pratica e familiare che di quella emotiva e più profonda. Si è a confronto con la propria nuova identità di futura madre e quindi con i propri vissuti di figlia e di confronto coi modelli parentali interiorizzati.
Se perdurano, magari per settimane, è indispensabile chiedere aiuto". Un problema da tenere sotto controllo Prendersi cura del proprio benessere emotivo è indispensabile sia per riuscire a godersi la gravidanza, sia per proteggere il bambino che cresce nel pancione. Un disturbo di tipo psicopatologico può infatti interferire con il buon proseguimento della gravidanza stessa, con la salute del feto e successivamente del neonato. "Livelli elevati di stress e ansia, protratti nel tempo, sono associati a possibili complicazioni, quali preeclampsia, ipermesi gravidica, maggior rischio di aborto spontaneo e parto prematuro", spiega l'esperto. "E per il bambino aumenta il rischio di basso peso alla nascita, basso punteggio di APGAR, necessità di ricovero in Terapia Intensiva Neonatale". Inoltre, in seguito a numerosi studi oggi sappiamo che il disagio materno (sempre se intenso e prolungato) può avere delle conseguenze anche sullo sviluppo emotivo del bambino negli anni dell'infanzia. "Durante la gravidanza la madre costituisce per il figlio il 50% del suo patrimonio genetico, ma il 100% del suo ambiente", considera Mencacci.
Molte donne in cura interrompono immediatamente appena si accorgono di essere incinte. Il guaio è che così facendo per loro il rischio di una depressione aumenta di cinque volte. Eppure i tossicologi, non solo noi, affermano che con gli antidepressivi il rischio per il feto è minimo. Più problematici sembrano essere gli stabilizzatori dell'umore. Però, c'è poco da dire, se una donna incinta soffre di un forte disturbo bipolare bisogna intervenire Nel caso si impieghino farmaci, occorre monitorarli cocn cura speciale nei primi mesi e negli ultimi di gravidanza, definendo sia il tipo sia le dosi degli antidepressivi più adatti in quella fase. Chi soffre di depressione deve programmare la maternità come fanno i medici con le epilettiche. Se la donna soffre di una grave patologia psichiatrica occorre scegliere il periodo di maggiore tranquillità e va spiegato con precisione l'effetto dei farmaci che vanno ridotti al minimo, impiegando continuativamente l'acido folico. Scegliere di non curarsi può essere rischioso.
Fondamentale è, però, chiedere aiuto. "La futura mamma può rivolgersi al proprio medico di famiglia, al ginecologo o al consultorio cittadino, che le indicheranno gli specialisti da contattare e/o eventuali centri di eccellenza presenti sul territorio", commenta Mencacci. Ma come distinguere un vero e proprio disturbo da quei momenti "no" in cui l'ansia o il malumore sono solo passeggeri? "Dipende dall'intensità dei sintomi e dalla loro persistenza nel tempo", sottolinea l'esperto. "Se l'ansia - che si palesa con preoccupazioni eccessive per la salute propria e delle persone care, stato di allerta e, a livello fisico, con palpitazioni, nodo alla gola, insonnia, respiro corto - si limita a episodi occasionali non è il caso di preoccuparsi, ma se queste sensazioni sono frequenti e durature è meglio confrontarsi con una figura esperta. Lo stesso vale per i sintomi che si associano alla depressione: tristezza sempre più intensa, perdita di interesse per quanto ci circonda, pensieri negativi e catastrofici.
Il gruppo australiano con la Marcé Society ha osservato che il rischio di sviluppare depressione postpartum va ben al di là dei tradizionali tre mesi dalla nascita del bambino, e può manifestarsi invece fino ad un anno di vita dello stesso, e a volte oltre. Per curare le donne con sintomi depressivi abbiamo usato i farmaci in pochissimi casi. Piuttosto abbiamo fatto molti colloqui, e non solo con loro. Perché già far conoscere il problema alla donna e ai suoi familiari cambia le cose. Di recente abbiamo seguito una ragazza al quarto mese pronta al suicidio allargato, con la famiglia che sottovalutava il suo stato e il compagno che era fieramente contrario ad ogni intervento psichiatrico. Dopo che abbiamo parlato e discusso con loro, si sono convinti che la ragazza non stava facendo i capricci e che era in una vera condizione di malattia. Lei si è rassicurata capendo la sua situazione e la famiglia ed il compagno l'hanno sostenuta dandole più forza. Spesso si ritengono gli antidepressivi incompatibili con una gravidanza.
Altri fattori che possono interferire negativamente con il benessere emotivo della donna sono legati al contesto in cui vive: mancanza di supporto familiare e sociale, problemi economici, assenza o perdita del lavoro. Viceversa, sappiamo che una donna che può contare sull'affetto, la comprensione, l'incoraggiamento e il sostegno pratico del partner e delle altre persone importanti della sua vita (parenti, amiche) ha più probabilità di stare bene e risolvere eventuali difficoltà emotive che dovessero presentarsi prima o dopo la nascita. L'importante ruolo del futuro papà In un'ottica di prevenzione del malessere psicologico, ma anche per risolvere un disagio già presente, la figura del partner è molto importante. "Per questo, oltre alla futura mamma è opportuno sostenere anche il futuro papà", spiega l'esperto. "La maggior vulnerabilità della donna rende, infatti, ancor più importante la sua partecipazione e la capacità da parte sua di condividere l'attesa e sostenere la compagna sin dall'inizio della gravidanza.
Chi soffre di depressione in gravidanza è a rischio di continuare ad essere depressa anche post-partum e di poter quindi nuocere sia a sé stessa che al proprio bambino. E' importante che anche i familiari, gli amici e possibilmente il personale che si occupa dei corsi di preparazione alla nascita siano pronti a cogliere i possibili segnali di disagio e ad aiutare la donna a farsi aiutare tempestivamente. photo credit: josemanuelerre via photopin cc
A seconda dei casi e della gravità della situazione possono essere utilizzate singolarmente oppure insieme. Certo, la domanda nasce spontanea: ma si possono prendere psicofarmaci in gravidanza? Non ci sono rischi per il bambino? "In effetti ancora oggi ci sono medici che temono di prescrivere questi farmaci specifici alle donne incinte, ma sbagliano" afferma Cesario Bellantuono, psichiatra e psicofarmacologo perinatale, autore di un recente volume dedicato proprio agli psicofarmaci in gravidanza. "Le ricerche condotte negli ultimi dieci anni dicono chiaramente che alcune specifiche categorie di farmaci non comportano rischi particolari per il neonato. Per esempio, per quanto riguarda l'assunzione nel primo trimestre di gravidanza, antidepressivi come fluoxetina, sertralina, citalopram e velafaxina non sono associati a un aumento del rischio di malformazioni del feto. L'assunzione nel secondo e terzo trimestre può talora essere associata alla presenza, nel neonato, di sintomi quali pianto eccessivo, difficoltà nella suzione, tremori, disturbi del sonno.
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