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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA
Da La via del rifugio L'ULTIMA RINUNZIA « … l'una a soffrire e l'altro a far soffrire». I – « O Poeta, la tua mamma che ti diede vita e latte, che le guance s'è disfatte nel cantarti ninna-nanna, lei che non si disfamò, perché tu ti disfamassi, lei che non si dissetò, perché tu ti dissetas si, la tua madre ha fame, tanta fame! E cade per fatica, s'accontenta d'una mica; tu soccorri quella santa! Ella ha sete! Né t'incresca di portarle tu da bere: s'accontenta d'un bicchiere, d'un bicchiera d'acqua fresca». « Perché sali alle mie celle? Che mi ciarli, che mi ciarli? Non concedo mi si parli quando parlo con le S telle. Mamma ha fame? E vada al tozzo e potrà ben disfamarsi. Mamma ha sete? E vada al pozzo e potrà ben dissetarsi. O s'affacci al limitare, si rivolga alla comare: ma lasciatemi sognare, ma lasciatemi sognare! » II « O Poeta, la tua mamma la tua mamma che quand'eri ammalato t'assisteva, non mangiava, non beveva nei tristissimi pensieri, lei che t'era sempre intorno per rifarti sano e forte per contenderti alla Morte, e piangeva, e notte e giorno invocava Gesù Cristo e la Vergine Maria: o P oeta!
ed oggi ho vi sto la tua madre in agonia! Oh! L'atroce dipartita! Chinerai la testa bionda sulla fronte incanutita della santa moribonda? » « Taciturna è la fortuna. quando parlo con la Luna! Forse che dallo speziale non c'è benda e medicina? Forse che nel casolare non c'è Ghita la vicina? La vicina a confortare, medicina a risanare: III « O Poeta, la tua mamma -odi, anco se t'annoia! – lei che t'ebbe come un sole, che t'apprese le parole che ora sono la tua gioia, la tua mamma in su la porta fu trovata sola e morta! Sola e morta chi sa come singhiozzando nel tuo nome… Vieni a piangere la cara, prima che altri le ritocchi giù le palpebre sugli occhi e la metta nella bara. Son le donne già raccolte là nell'opera funesta: ma tu chiamal a tre volte s'ella vuol che tu la vesta». – « Che mi dici, che mi dici, che mi parli tu di lutto? Non intendo ciò che dici quando parlo con il Tutto. Forse che lamentatrici non ci sono a lamentare? Forse che becchini e preti non ci sono a sotterrare? E le fate lamentare e le fate sotterrare: Ma lasciatemi sognare, ma lasciatemi sognare!
Dall'Introduzione di Edoardo Sanguineti Gozzano, cosciente dell'obsolescenza, non finge entusiasmi, e non si getta dentro: è il suo vero esilio. La sua linea di condotta è gustosamente paradossale: anziché fabbricare il moderno destinato all'invecchiamento, come accade per i vini di buona annata e per ogni neue Dichtung, cioè l'obsolescenza, fabbrica direttamente l'obsoleto, in perfetta coscienza e serietà. Ciò che è di moda è da lui contemplato e assunto come già démodé: il tocco da fantino è subito percepito come esotico nel tempo, esattamente al modo in cui (rovesciato il procedimento) la fotografia è una «novissima cosa». Il segreto di una poetica degli oggetti, se vogliamo, è tutta qui: si tratta di intendere che tutto è datato, irrimediabilmente datato (« Adoro le date. Le date: incanto che non so dire... »), e che dunque, in partenza, la degradazione del consumo fa di ogni immagine, di ogni «bella cosa viva», una «vecchia stampa», anche e soprattutto ove si tratti di realtà di forte evidenza «moderna», come avviene per l'automobile di Totò Merúmeni, e per presenze affini.
Non resta che coltivare cose «vestite di tempo»: ma tutto è già vestito di tempo, ormai. E a questo punto si può procedere, come con Carlotta, al capitale «esperimento», in regime di commedia: non c'è «bella cosa viva» che non si renda percepibile se non per «travestimento». E si ottiene questo Gozzano che conosciamo, «sempre ventenne» sì, ma «come in un ritratto», poeta parodico per eccellenza, e per emergenza di situazione, che rimaneggia e lima, o impavidamente cita, «i versi delicati | d'una musa del tempo che fu già ». La più bella I. Ma bella più di tutte l'Isola Non-Trovata: quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino il Re di Portogallo con firma sugellata e bulla del Pontefice in gotico latino. L'Infante fece vela pel regno favoloso, vide le Fortunate: Iunionia, Gorgo, Hera e il mare di Sargasso e il Mare Tenebroso quell'isola cercando… Ma l'isola non c'era. Invano le galee panciute a vele tonde, le caravelle invano armarono la prora: Con pace del Pontefice l'isola si nasconde, e Portogallo e Spagna la cercano tuttora.
Difettivi sillogismi! ] La ballata dell'Uno La messaggiera senza ulivo La basilica notturna Ai soldati alladiesi combattenti Prologo Carolina di Savoia La culla vuota Natale Pasqua La Befana Oroscopo Dolci rime Prima delusione La canzone di Piccolino La Notte Santa
II. L'isola esiste. Appare talora da lontano tra Teneriffe e Palma, soffusa di mistero: «… l'Isola Non-Trovata! » Il buon Canariano dal picco alto di Teyde l'addita al forestiero. La segnano le carte antiche dei corsari, … Hifola da-trovarfi? … Hifola pellegrina?
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