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Maggioranza Il termine "maggioranza" indica, nel linguaggio politico, quel numero di parlamentari, superiore allametà, che dà la fiducia al Governo. In senso più ristretto il termine indica il numero di voti favorevoli che sono necessari per adottare una deliberazione: tale numero deve essere pari almeno alla metà più uno dei senatori presenti (vedi Numero legale). Al Senato non basta che i Senatori favorevoli superino i contrari, ma occorre che superino la somma dei senatori che esprimono voto contrario e di quelli che dichiarano la propria astensione. Al Senato, infatti, i Senatori che si dichiarano astenuti sono considerati presenti, a differenza della Camera dove sono considerati presenti solo i deputati che esprimono voto favorevole o contrario. Ciò comporta che, per non prendere parte alla votazione, i Senatori devono uscire dall' caso di parità di voti la proposta non è approvata. In casi esplicitamente previsti dalla Costituzione sono richieste maggioranze speciali. Maggioranze speciali o qualificate Con tale espressione si intendono le maggioranze superiori alla maggioranza semplice (metà più uno dei presenti).
Il Medioevo barbarico non ammise che deliberazioni ed elezioni unanimi, poiché la mentalità primitiva, non riuscendo a ravvisare nelle assemblee che la somma dei singoli, non concepì volontà collettiva se non coincidente con quella di tutti i singoli. Onde nelle assemblee barbariche la minoranza, se esigua, non era sentita tra lo strepito della maggioranza acclamante ( armorum strepitu, dice Tacito); se sensibile, veniva con le armi costretta a consentire; se potente, si separava, ed era la guerra. Più tardi alla violenza si sostituì un obbligo giuridieo ( Folgepflicht) sancito da una multa, che durò in alcuni collegi giudicanti e in alcuni consigli municipali tedeschi fino al sec. XIV. La Chiesa primitiva tenne pure fermo, ma per ragioni mistiche, il principio dell'unanimità, sostituendolo gradatamente con quello della valutazione qualitativa dei voti ( sanior pars), e trasformandolo poi, dopo il Mille, in principio maggioritario puro, mediante la presunzione legale che la pars maior fosse anche la sanior.
Devo dire che la risposta di Fabio Bozzo mi risulta un po' ostica. Io avrei detto più semplicemente: a) Maggioranza assoluta: il 50% + 1 degli aventi diritti al voto. Ad esempio, alla Camera dei Deputati (composta da 630 deputati), 316 voti favorevoli b) Maggioranza semplice: il 50% + 1 dei votanti. Ad esempio, alla Camera dei Deputati (composta da 630 deputati), se al momento del voto sono presenti 420 deputati, 211 voti favorevoli
nelle forme di militanza politica CONT. minoranza 3 ant. L'essere superiore in qualcosa; preminenza 4 ant. Arroganza, superbia Copyright © Hoepli 2018
Il principio, apparentemente ovvio, che la maggioranza debba prevalere nelle manifestazioni collettive di volontà, detto principio maggioritario, ha una lunga storia. Compare nelle città greche, a Sparta per l'elezione dei geronti, nella fomia ancora primitiva di maggioranza valutata dall'intensità delle sue grida; ad Atene, nella forma perfezionata di veri scrutinî, in ogni assemblea politica e giudiziaria. Aristotele lo riteneva ottimo nel modello perfetto di governo da lui descritto nella Politica, la politia. Roma lo applicò nel senato, nei comizî, nelle curie, nei concilî provinciali, e in ogni collegio o corporazione, escludendolo però dalle magistrature collettive, ove, mediante l' intercessio, il dissenso di un collega arrestava l'iniziativa dell'altro (p. : il consolato). Dobbiamo poi ai giureconsulti romani la sua formulazione giuridica, sotto specie di una finzione legale, per cui deve ritenersi voluto da tutti ciò che volle la maggioranza: Dig., L, 17, de div. reg. iur., 160, " Refatur ad universos quod publice fit per maiorem partem " (Ulpiano) e Dig., L, 1, ad municip., 19, " Quod maior pars curiae e ecit, pro eo habetur, ac si omnes fferint " (Scevola).
Anche (in opposizione a minoranza), il gruppo di votanti che, essendo d'accordo sopra una linea di condotta, è in grado, per il suo numero, di imporre la propria volontà all'assemblea: le decisioni, le manovre, la politica della maggioranza.
La mozione non può essere discussa in Commissione (dove gli strumenti di indirizzo disponibili sono la risoluzione e l'ordine del giorno) e la discussione si conclude con un voto che, se positivo, impegna politicamente il Governo a comportarsi nel modo indicato nella mozione. Anche per le mozioni firmate da una minoranza qualificata di Senatori, come già per le interpellanze, è previsto un procedimento abbreviato. Mozioni, interpellanze e interrogazioni relative a questioni identiche o strettamente connesse possono formare oggetto di un'unica discussione. Particolare rilievo ha la mozione di fiducia o sfiducia al Governo.
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